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I giochi

Ci soffermiamo soprattutto su due giochi, che furono molto in voga sia in Grecia che a Roma: il gioco delle noci ed il gioco degli astragali. I due passatempi, che permettevano molte varianti di gioco, presupponevano abilità e concentrazione e venivano praticati da bambini di entrambi i sessi. Le noci avevano un significato particolare: si diceva "non giochiamo più al gioco delle noci" per indicare l'abbandono dell'infanzia per entrare nella vita adulta; invece, l'astragalo, (inteso come ossicino del tarso su cui poggiano la tibia e il perone, in questo caso veniva scelto quello delle pecore e di tutti gli ovini), usato come un dado, era considerato quasi un simbolo dell'infanzia.

Dopo aver considerato il gioco, passiamo ad occuparci degli strumenti di divertimento: i giocattoli dell'antichità. I reperti archeologi ci permettono di affermare che i primi veri giocattoli riproducevano armi ed aratri, che simboleggiano le due attività principali delle primitive popolazioni (la guerra e l'agricoltura), oppure oggetti di uso quotidiano, realizzati in miniatura ed in forme più primitive.

Il gioco, secondo lo psicologo svizzero Piaget, è l'attività principale del bambino per lo sviluppo cognitivo e l'imitazione. Quest'ultima inizia come imitazione di suoni. Il gioco inizialmente è gioco di esercizio. Piaget sostiene che nel progressivo adattamento del bambino 

all'ambiente, il gioco si verificherebbe tutte le volte che, avendo acquisito un'abilità o compiuto una scoperta, il bambino cerca di far aderire allo schema motorio o cognitivo appena acquisito oggetti nuovi, con il risultato di esercitare l'abilità e la scoperta stessa. Questa impostazione teorica di base permette di spiegare il parallelismo esistente fra le caratteristiche che il gioco assume col progredire dell'età e le caratteristiche dei processi mentali di cui il bambino diviene via via capace, e quindi di distinguere varie fasi nell'evoluzione del gioco infantile.

 

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