I giochi antichi e le tabulae lusoriae
- Fabrizio Fedele
- 17 feb 2015
- Tempo di lettura: 2 min

Il gioco è un aspetto basilare nella vita dell’uomo di tutte le età ed è palese che le diverse civiltà se li passarono l’una con l’altra. A poco a poco anche i Romani li ereditarono tutti dalle civiltà precedenti e a Roma si giocò molto. Giocarono i piccoli scommettendo le noci, giocarono molto meno ingenuamente gli adulti e quando il gioco diventava meno innocente e più rischioso, si giocava per denaro riuscendo spesso a perdere vere e proprie fortune. Ovidio in una sua opera ( Ars amatoria) scrive: Sic, ne perdiderit, non cessat perdere lusor (Così ai dadi il giocator perdente per non restare in perdita continua a perdere). Naturalmente, per tutelare tutti i cittadini dai rischi che derivavano dal gioco d’azzardo, fin dall’epoca repubblicana si era anche cercato di promulgare delle apposite leggi, una fra queste era la Lex Alearia. Questa legge stabiliva, infatti, quali fossero i giochi proibiti e li elencava in una lista:
Capita aut navia (testa o croce)
Tali (astragali)
Tesserae (dadi)
Digitus micare (morra)
Parva tabella lapillis
Ludus Latruncolorum (speciale tipo di dama che richiedeva l’uso di una tabula lusoria (scacchiera) e pedine)
Duodecim Scripta (dodici righe, richiedeva anch’esso l’uso di una tabula lusoria e pedine)
Alcuni di questi giochi sono, ancora oggi, considerati giochi d’azzardo; è possibile che anticamente venivano vietati perché si pensava che forti puntate e scommesse ne potessero alterare il carattere . Del resto era evidente che per vincere o perdere grosse somme non c’era bisogno di giocare ai dadi bastava scommettere sulle cose più varie.
Il gioco è un aspetto basilare nella vita dell’uomo di tutte le età ed è palese che le diverse civiltà se li passarono l’una con l’altra. A poco a poco anche i Romani li ereditarono tutti dalle civiltà precedenti e a Roma si giocò molto. Giocarono i piccoli scommettendo le noci, giocarono molto meno ingenuamente gli adulti e quando il gioco diventava meno innocente e più rischioso, si giocava per denaro riuscendo spesso a perdere vere e proprie fortune. Ovidio in una sua opera ( Ars amatoria) scrive: Sic, ne perdiderit, non cessat perdere lusor (Così ai dadi il giocator perdente per non restare in perdita continua a perdere). Naturalmente, per tutelare tutti i cittadini dai rischi che derivavano dal gioco d’azzardo, fin dall’epoca repubblicana si era anche cercato di promulgare delle apposite leggi, una fra queste era la Lex Alearia. Questa legge stabiliva, infatti, quali fossero i giochi proibiti e li elencava in una lista:
Capita aut navia (testa o croce)
Tali (astragali)
Tesserae (dadi)
Digitus micare (morra)
Parva tabella lapillis
Ludus Latruncolorum (speciale tipo di dama che richiedeva l’uso di una tabula lusoria (scacchiera) e pedine)
Duodecim Scripta (dodici righe, richiedeva anch’esso l’uso di una tabula lusoria e pedine)
Alcuni di questi giochi sono, ancora oggi, considerati giochi d’azzardo; è possibile che anticamente venivano vietati perché si pensava che forti puntate e scommesse ne potessero alterare il carattere . Del resto era evidente che per vincere o perdere grosse somme non c’era bisogno di giocare ai dadi bastava scommettere sulle cose più varie.
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